É POETA
Ad chèsa un pó a m vargògn
ad déi ch'a fazz i vérs
ch'a sò un poeta.
Mo dòp se te cafè
un opereri u m déis
- bravo, t'a le détt
própi cu e mè sa putéss scréiv -,
alòura a n m'u n vargògn
ch'a sò invece cuntént de mi lavòur.
Il poeta. In casa mi vergogno un po' / quando dico che scrivo versi / che sono un poeta. / Ma poi se al caffè / un operaio mi dice / - bravo l'hai detto / proprio come potrei farlo io / se sapessi scrivere - / allora non provo più vergogna / e sono contento del mio lavoro.
(Nino PEDRETTI, Al Vòusi, ed. del Girasole)
"Il dialetto è per me una lingua tragica. Senza mezzi termini, senza figure allusive, questa lingua brutale serve all'artista per portare testimonianza di quello che egli ha veduto, e cioè la miseria fisica e morale, l'ingiustizia, la sofferenza collettiva delle classi oppresse nella guerra, nel lavoro, negli uffici, nelle fabbriche. E poiché questa storia non è finita, poiché ancora viviamo in un mondo di previlegi e soperchierie, questa voce del passato a me sembra attuale e presente, e nell'eco della passata sofferenza me ne fa sentire una nuova, più mascherata, ma non meno esiziale, dentro la gommosa società del momento". (Dalla prefazione dell'autore al libro)
lunedì 15 marzo 2010
DIALECT LESSONS, pt. II
Pubblicato da SE IO FOSSI? alle 02:20
Etichette: dialect lessons
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