lunedì 15 marzo 2010

DIALECT LESSONS, pt. II

É POETA
Ad chèsa un pó a m vargògn
ad déi ch'a fazz i vérs
ch'a sò un poeta.
Mo dòp se te cafè
un opereri u m déis
- bravo, t'a le détt
própi cu e mè sa putéss scréiv -,
alòura a n m'u n vargògn
ch'a sò invece cuntént de mi lavòur.

Il poeta. In casa mi vergogno un po' / quando dico che scrivo versi / che sono un poeta. / Ma poi se al caffè / un operaio mi dice / - bravo l'hai detto / proprio come potrei farlo io / se sapessi scrivere - / allora non provo più vergogna / e sono contento del mio lavoro.
(Nino PEDRETTI, Al Vòusi, ed. del Girasole)

"Il dialetto è per me una lingua tragica. Senza mezzi termini, senza figure allusive, questa lingua brutale serve all'artista per portare testimonianza di quello che egli ha veduto, e cioè la miseria fisica e morale, l'ingiustizia, la sofferenza collettiva delle classi oppresse nella guerra, nel lavoro, negli uffici, nelle fabbriche. E poiché questa storia non è finita, poiché ancora viviamo in un mondo di previlegi e soperchierie, questa voce del passato a me sembra attuale e presente, e nell'eco della passata sofferenza me ne fa sentire una nuova, più mascherata, ma non meno esiziale, dentro la gommosa società del momento". (Dalla prefazione dell'autore al libro)

0 commenti: